Due libri con il Corriere della sera

Per un caso, nel giro di due giorni, oggi e domani, escono in edicola, con il Corriere della sera, due libri che ho scritto: il primo, l’uscita di oggi, è Il giardino delle mosche, che viene ripubblicato come sedicesimo titolo della collana dedicata al True crime che il Corriere sta portando avanti da qualche mese;

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il secondo, che esce domani, è invece un libro che non porta il mio nome in copertina: si chiama Un racconto breve e fa parte della serie di Lezioni di scrittura che da qualche tempo la Scuola Holden sta mandando nelle edicole. Ho scritto i testi e una decina di esercizi, la gran parte dei quali è stata in seguito sviluppata da persone dello staff della scuola. Non è propriamente un manuale di scrittura: non vi si dice «per fare un racconto fate questo e quello», non si danno regole né dritte, se non, per così dire, tangenzialmente; c’è una prima parte in cui si rinvengono certe caratteristiche che un racconto deve avere per funzionare e ce n’è soprattutto una seconda in cui si tenta una specie di tassonomia dei modelli di racconto, sviluppata sulla base di esempi e giocoforza incompleta – per questioni di spazio disponibile e di povertà di spirito dell’autore.
I modelli classificati sono sei:

il racconto a enigma, vale a dire un racconto che ruota attorno a qualcosa che il personaggio, e con lui il lettore, deve scoprire;

il racconto-confessione, vale a dire un racconto dove il narratore dice qualcosa di sé, racconta un episodio del passato o addirittura fa un bilancio di tutto il suo percorso;

il racconto-ritratto, altrimenti detto bozzetto;

il racconto-romanzo, vale a dire quel racconto che, anziché raccontare un momento della vita di qualcuno, ne racconta molti, distribuendoli sulla linea del tempo;

il racconto a variazioni, vale a dire quel racconto in cui succede più volte la stessa cosa, ma non succede nello stesso modo;

il racconto che riscrive, tenendo come sottotesto racconti di altri, ma anche il mito, la favola, le Scritture e così via.

Non sono modelli rigidi: so bene che la maggior parte dei racconti ne mescola due, tre o anche di più, e ogni lettore può e deve trovare il proprio percorso e punto di vista. Non volevo fare un manuale pratico, perché mi sembrava inutile (il libro è il trentatreesimo della serie, le tecniche della narrazione sono già state spiegate diffusamente da altri autori più precisi di me): volevo divertirmi facendo una cosa un po’ diversa dal solito e dire nel mio piccolo qualcosa che, per quanto ne so, non si dice spesso a proposito delle forme della narrazione.

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Una piccola costellazione

Uscirà a febbraio 2019 un romanzo che, idealmente, chiude una triade (non una trilogia) aperta nel 2011 con Il demone a Beslan e proseguita nel 2015 con Il giardino delle mosche. Non mette conto, ora, di parlare di questo libro nuovo, e nemmeno forse di annunciarne titolo ed editore. Ci sarà tempo per tutto questo. Adesso è tempo di fare un altro ragionamento, di dire qualcosa di cui mi sono reso pienamente conto in anni relativamente recenti, e che non ha a che vedere soltanto con quanto ho scritto dentro i romanzi che compongono questa triade, ma con quasi ogni cosa che ho scritto e pubblicato da quel 2011.
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Death by Hunger

1393272_b5ac91a3A fine luglio 2015 sono stato ospite di una Summer School per traduttori letterari organizzata dal British Centre for Literary Translation – un centro studi dedicato alla traduzione fondato nel 1989 da W.G. Sebald presso l’University of East Anglia a Norwich (UK). Un pool di traduttori dall’italiano ha lavorato per una settimana su un mio testo, che per l’occasione era l’incipit di La morte per fame, la prima parte del Giardino delle mosche. Il risultato di questa settimana – alcune pagine di quello che per tutti è stato, mentre eravamo lassù, The Garden of Flies – è oggi a disposizione di tutti sul sito della rivista “New Writing”. Qui.

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Raccontare ancora.

Su Il Libraio è uscito oggi un mio breve articolo che prepara l’uscita del Giardino e che ruota attorno a due concetti fondamentali: rileggere (ma in un modo un po’ particolare) e riscrivere. O meglio: scrivere ancora e ancora.

Ho perso il conto di quanti siano, nella mia vita di lettore, i libri che ho letto che parlano della stessa cosa. Esiste infatti un pugno di argomenti che catturano il mio interesse in modo febbrile: l’Olocausto, per esempio, o lo stalinismo o, ancora, le avventure per mare; esistono periodi che considero “miei”: vorrei aver letto tutto ciò che è stato scritto nei primi trent’anni del Novecento, per esempio – e non parlo soltanto di letteratura, ma anche di psicoanalisi, di teoria musicale, di fisica… -, e continuo a credere che il momento più fulgido della nostra letteratura sia quel pugno di anni che va dal dopoguerra agli anni Settanta, quando a scrivere c’erano i Volponi, i Parise, le Morante.

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Il giardino delle mosche. Genesi del testo

Quando avevo circa sette mesi, alla fine del 1978, Andrej Čikatilo commise, in modo quasi inconsapevole, il suo primo omicidio: quello di una bambina di nove anni dagli occhi grandi e distanti, Lena Zakotnova. Dodici anni e cinquantacinque omicidi consapevoli più tardi, in seguito a una caccia da parte delle autorità che si era fatta sempre più affannosa e che si era inasprita almeno dalla metà degli anni Ottanta, Čikatilo fu arrestato. Era la fine di novembre del 1990, l’Unione sovietica si apprestava a cadere e finalmente, sui telegiornali di tutto il mondo, compariva il volto di questo uomo debole e spietato. Continua a leggere “Il giardino delle mosche. Genesi del testo”

Il giardino delle mosche

11896040_10207508581577238_6450497653055747196_nIl nuovo romanzo uscirà giovedì 17 settembre per l’editore Ponte alle Grazie. Si intitolerà Il giardino delle mosche e in queste settimane vorrei raccontare due o tre cose intorno alla sua concezione e alla stesura che mi sembrano interessanti per inquadrare il libro e l’idea che lo sostiene.
Il giardino delle mosche è la storia, raccontata da lui medesimo – anche se non tutto è quello che sembra – di Andrej Romanovič Čikatilo, il “mostro di Rostov”: un uomo apparentemente normale che, dal 1978 al 1990, uccise e mutilò, in alcuni casi mangiando parti dei loro corpi, circa 56 persone. Credo che il testo della bandella sia sufficientemente eloquente e dica molto di quel che c’è da sapere: Continua a leggere “Il giardino delle mosche”