Se stanotte muoio, fa’ così

(Autobiografia per libri posseduti)

A un certo punto di Compro libri, anche in grandi quantità (Utet Libri), Giovanni Spadaccini, libraio reggiano d’occasione e amico mio, scrive un breve capitolo, i cui titolo e attacco ricalco in questo mio pezzo, dove immagina di fare a sua moglie l’elenco dei libri che considera identitari, e che lei dovrà mettere da parte in caso di una sua morte improvvisa. Da molti anni ragiono sulle biblioteche personali come fattore identitario, e sui libri amati come traccia per una (auto)biografia possibile. Dunque, nel giorno in cui Compro libri, anche in grande quantità arriva nelle librerie, do il mio piccolo contributo.

Ecco, allora, se dovrai fare in fretta, comincia da Dostoevskij, perché tutto comincia sempre da Dostoevskij: le Memorie, quelle dal sottosuolo ovviamente, e poi Delitto e i Karamazov; in realtà dovresti prendere ogni suo libro, compresi il Diario e le Lettere, ma sto immaginando che dovrai far stare tutto dentro a una valigia o a qualcosa di trasportabile – magari quelle grandi e resistentissime buste della spesa verdi e blu che abbiamo nello sgabuzzino – e dunque devo fare delle scelte. È bello, dover fare delle scelte: costringe a circoscriversi, a pensarsi davvero. Poi Piovene, e anche qui è dura: io vorrei dormire nella lingua di Piovene. Ma tu prendi Le stelle fredde o Le furie. No, prendi tutti e due. Di Canetti prendi tutto quello che trovi, tranne il teatro e gli aforismi, anche se lui non sarebbe d’accordo. Prendi Il Maestro e Margherita, l’edizione dei Grandi libri, e le testimonianze di Nadežda Mandel’štam e Jan Karski; ancora russi: i racconti di Andreev (quelli curati da Spendel), La terra felice di Platonov, il Makanin grosso, i Racconti di Pietroburgo nell’edizione che ti piace di più, e qualcosa di Čechov per i viaggi che farai. I formalisti russi curati da Todorov, se ci stanno: li hai studiati anche tu, ricordi?

Di Sebald prendi Austerlitz, ma ci vorrebbe almeno anche la Storia naturale o Vertigini; di Malaparte basta Kaputt, che è inesauribile, di Volponi La macchina mondiale, che ha quell’incipit lì. Di Parise prendi i Sillabari e L’odore del sangue. Assolutamente le Memorie di Casanova, non esiste che non ci siano. E quelle di Adriano, che insegnano la calma e la grandezza. Poi ci vuole un Bernhard: prendi l’Autobiografia, che è dove mente più apertamente.

E Pinocchio, non dimenticare Pinocchio! È la matrice di tutto e ai bambini piacerà.

Ricordati la Balena, anzi, prendi tutta la Balena che puoi: se devi fare delle rinunce, poiché la Balena pesa, prendi la versione di Fatica per filologia e quella di Pavese per romanticheria. Prendi Europe Central di quel matto di Vollmann, e Szczypiorski – ma non il libro su Arras, un altro. Gli ebrei, i galiziani, i polacchi: Singer (l’uno e l’altro), ma scegli tu quali titoli, l’importante è che nella valigia ci sia un po’ di questi luoghi e questa lingua e questa gente; anche per Roth e Zweig non mi importa quali libri, importa che ci sia quel respiro: ma se devo dire, dico il Santo bevitore e i libri di viaggio tra gli ebrei galiziani per Roth, Mendel dei libri e la Novella per Zweig. Un Balzac e un Hugo: forse Il capolavoro sconosciuto, senza dubbio I miserabili. Di Vargas Llosa voglio la Catedral. Su Anna Karenina ho dei dubbi: l’ho amato molto, ma nutro sempre una certa ritrosia nei confronti di Tolstoj. Di Moresco prendi Gli esordi nell’edizione Feltrinelli, di Tuena Ultimo parallelo. Tutti i libri di racconti che ha scritto Danilo Kiš, e anche – chi lo avrebbe mai detto, quando ero giovane – le Finzioni di Borges. Ci sono anche due libri di interviste, uno a Kiš e l’altro a Brodskij, che sono magnifici: prendili. Non pesano molto, e hanno un respiro che non si trova più. Di Brodskij naturalmente prendi anche i saggi (ne basta uno).

Le poesie degli anni Dieci di Majakovskij, ma non quelle dell’opera omnia, che pesano: ci sono dei libri più snelli, in corridoio. Le sei reincarnazioni di Ximen Nao di Mo Yan. I due gialli metafisici di Dürrenmatt. Faulkner sceglilo tu, a me viene in mente Mentre morivo; poi Bufalino (oggi forse direi Le menzogne della notte) e lo Sciascia che vuoi, ma non uno soltanto. La Spiegazione degli uccelli di Lobo Antunes. I Vangeli, nell’edizione più nuda che trovi.

Qualche saggio di Bachtin e Tynjanov (quanto li ho amati), Carlo Ginzburg (ora come ora vorrei Storia notturna), L’uomo in rivolta di Camus, L’accusa del sangue di Jesi, La violenza e il sacro di Girard. Prendi tutto Walter Benjamin, fa’ in modo che trovi posto. Le Lettere dalle carceri di Sade, ma solo quelle dove dà di matto e quelle dove si finge calmo. E Eisler che parla di licantropia, e Starobinski che parla di malinconia, e Auerbach che parla di letteratura. Gitta Sereny voglio, e qualche diario del ghetto di Varsavia e delle memorie di sopravvissuti di Treblinka, così come il Diario di Hiroshima del dottor Hachiya: stanno tutti vicini, nella libreria grande della sala. Il libro sulla tecnica di Mumford e le Anabasi di Senofonte. Chissà quanti ne mancano, ma tu non hai più spazio e mi devo fermare. E se i bambini un giorno te lo chiederanno, aprite insieme questa valigia, permettigli di metterci dentro le mani e di’ loro, mentre lo fanno, «Ecco chi era vostro padre».

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