Sacro potere. Una sinfonia russa tra Chiesa e Stato è un piccolo libro che esce venerdì prossimo, 14 aprile, per la collana Accademia di Solferino libri. È figlio di un progetto un po’ più grande del semplice libro: sul sito del Corriere, fino a metà maggio solo per gli abbonati, poi per tutti, si potrà infatti ascoltare un podcast, della durata di circa un’ora, che è di fatto una versione breve del libro; in libreria (e in edicola, allegato al quotidiano) si potrà invece acquistare il libro, che è un’opera in cui si parla di poeti che credettero nella Rivoluzione e vi si perdettero, di dittatori atei e sanguinari che, nell’auto che li riporta verso la dača, intonano vecchi canti ortodossi, di guerre e di fratellanze, di autisti che conoscono segreti terribili, di patriarchi e di scrittori che credono che la Russia abbia una missione universale, di reliquie che dormono dentro sottomarini affondati, di statue che diffondono sentimenti dittatoriali, di Ucraina, di come si scrivono le icone, di santi e di folli di Dio, di eremiti, di Eurasia e di Europe che non sono altro che spiagge, o appendici di un mondo da fare, di messianismo, di cristianità vera e di cristianità finta, di bellezze che, per salvare il mondo, pensano di doverlo prima distruggere, di zar e di popi, di chiese che ospitano musei di guerra, di cattedrali che avrebbero potuto diventare templi del comunismo, di scalinate fatte di cingoli, di Bisanzio e di messaggi radio alla popolazione stremata, di letteratura russa, di guerre sante e messe di Pasqua.
Insomma le solite cose, ma non nel solito modo.
Questa è la quarta di copertina, presa da qui:
A Mosca, poco lontano dal Cremlino, la Cattedrale di Cristo Salvatore è la sede del patriarcato ortodosso: fu demolita per edificare un palazzo dei Soviet che non fu mai terminato, poi trasformata in una gigantesca piscina, infine ricostruita com’era. Nella cittadina di Kubinka, poco più a est, c’è invece la Chiesa delle forze armate, interamente composta con materiali di guerra: cingoli, mezzi militari, armi abbandonate dai nazisti in fuga. Edifici come questi ci parlano della stretta interdipendenza che da sempre esiste in Russia tra Stato e Chiesa e che da quando Kirill è diventato patriarca, nel 2009, si è intensificata secondo l’antico principio bizantino della sinfonia: entrambe le istituzioni operano per conto di Dio, in piena unità di intenti. Non c’è da stupirsi dunque che un afflato messianico percorra la storia russa, dalla figura paterna e autorevole dello zar alla palingenesi della rivoluzione d’Ottobre; da Stalin che, mentre chiama il popolo a raccolta per la guerra, riapre gli edifici di culto fino ai sogni imperiali di Vladimir Putin, tinti di onnipotenza.
Non si può capire la Russia, con le motivazioni e le possibili escalation delle sue scelte politiche e militari, senza andare al fondo di questo intreccio affascinante e infiammabile di elementi politici e religiosi.
In un viaggio ricco di letteratura e attualità, che interpella i grandi filosofi e poeti del passato e gli ideologi di oggi, Andrea Tarabbia esplora una questione cruciale: se essere russi è considerato un destino, una missione per conto di Dio, e se la Russia, in definitiva, esiste solo come impero, è davvero possibile la pace?