In memoriam Michele Cocchi (1979-2022)

La mattina del 31 dicembre 2022, poco dopo le otto, ricevetti da Chiara, mia amica e moglie di Michele Cocchi, un messaggio in cui mi avvisava che suo marito era morto. Da alcune settimane le condizioni di salute di Michele si erano aggravate: verso fine novembre avevamo pensato, durante una telefonata che, allora, non potevo sapere sarebbe stata l’ultima, di vederci prima di Natale – io, mia moglie Laura e i bambini saremmo andati a trovarli a Pistoia per un giorno: ma il fine settimana che avevamo scelto, quello del 3 dicembre, qualcuno a casa loro aveva la febbre; nella settimana successiva Caterina, mia figlia, cominciò a tossire e a starnutire e, benché non avesse nulla di grave, pensammo che non fosse il caso di portarla al cospetto di una persona le cui difese immunitarie erano da mesi molto basse per via di chemioterapia e radioterapia. Così, anche il fine settimana del 10 saltò. La mattina dell’11 dicembre mandai un messaggio a Michele in cui gli dicevo che, accidenti, eravamo stati sfortunati perché quello sarebbe stato il weekend perfetto per passare qualche ora assieme. Non rispose. Nei giorni successivi provai a chiamarlo un paio di volte, e anche in quelle occasioni non ci fu nessuna risposta. Non mi allarmai più di tanto, perché tutto sommato, durante gli anni della nostra amicizia, questa delle telefonate a vuoto è stata sempre una costante: ci sentivamo una, due volte al mese, a fronte di sei, sette tentativi di contatto. Se scorro le nostre chat, sono piene di messaggi tipo “Ci ho provato, dai, magari domattina se ci sei riprovo”, e anche, fino all’ultimo, di progetti piccoli – “Incontriamoci”, “Mi è arrivato il tuo libro” e così via. Ma qualche giorno dopo il messaggio dell’11 dicembre Chiara mi scrisse che Michele aveva avuto un tracollo, e che da quasi due settimane era a letto in condizioni gravi. Questo significa che il suo corpo aveva smesso di funzionare il giorno in cui era saltato il nostro primo incontro pistoiese, o forse il giorno successivo. Le settimane che seguono sono piene di telefonate mie rimaste senza risposta e di messaggi a cui Chiara, sfinita e disperata, risponde con quella forza che certe persone sanno trovare davanti alla fine del loro mondo, e che io, invece, ancora oggi, alcuni mesi dopo questi eventi, non trovo, se è vero che non sono ancora in grado di leggere i nostri messaggi di allora senza che mi venga il magone e che non riesco a controllare bene nemmeno la lingua e la logica con cui sto provando a costruire questo pezzo.

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